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5G, una partita che l’Italia gioca in serie D

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/02/04/5g-una-partita-che-litalia-gioca-in-serie-d/5694477/

di Ugo Mattei

L’Italia, un Paese che fu di avanguardia tecnologica assoluta ai tempi della Olivetti (poi fatta a pezzi dalla stracciona concorrenza filoamericana), gioca oggi in serie D la trasformazione cosiddetta 5G, pagando un alto costo sociale in termini di salute, ambiente e sicurezza nazionale, senza trarre alcun beneficio sul piano occupazionale e del corretto sviluppo economico. Si cerca qualche soldo, senza piani né regole del gioco, privatizzando irresponsabilmente infrastrutture necessarie. Telecom e Omnitel (più qualche comprimario) si sono aggiudicate le frequenze per il 5G con complessivi 6.5 miliardi di Euro (circa il 10% del costo annuo dei nostri interessi sul debito pubblico!), spiccioli che entreranno nelle casse del Mise solo quando le frequenze saranno effettivamente occupate. Pochi, maledetti e neppure subito!

Stando a un rapporto del Defense Innovation Board, organismo di studio del Dipartimento della Difesa Usa dell’aprile 2019, “The 5G Ecosystem”, in questa partita (che ha in palio gli immensi benefici economici per il first mover, ossia per chi fissa lo standard tecnologico mondiale), in serie A gioca chi nelle infrastrutture “sovrane” investe tanti soldi pubblici, non chi se le vende: Cina (largamente capolista) Corea del Sud, Stati Uniti (in drammatica flessione) e Giappone. Regno Unito, Francia e Germania giocano in serie B. Singapore, Russia e Canada in C. La leadership della capolista è tanto impressionante quanto la sua capacità di costruire due ospedali in 15 giorni. 180 miliardi di dollari di investimenti negli ultimi due anni, le frequenze rigorosamente nelle mani di società nazionali, 350.000 ripetitori già attivi, (10 volte più che negli Usa), 10.000 già esportati, partnerships in tutto il mondo, sostenute attraverso altri miliardi di investimenti infrastrutturali pubblici (Via della Seta). La partita (vittoriosa fin qui) del 5G è la principale azione di egemonia globale del PCC, che impone le proprie scelte tecnologiche (nessun impegno sulle frequenze millesimali ma solo basse frequenze sub 6 Mhz), surclassando gli Stati Uniti anche in questo settore (in Usa le basse frequenze sono riservate al militare). Conseguenze? Mentre fino a tre anni fa, nella top ten dei giganti tecnologici ci stavano solo aziende americane, oggi ben quattro sono cinesi. Il sorpasso di capacità è avvenuto. Il DOD ne prende atto (i piani di reazione, contenuti nello stesso documento, sono ovviamente segretati). Le sue preoccupazioni esplicite sono per il futuro degli armamenti ipersonici di offesa e difesa (droni che superano anche di venti volte la velocità del suono), che necessitano la massima connettività e che, fuori dal territorio statunitense, soffriranno il vantaggio tecnologico cinese, con tutti i rischi di hackeraggio connessi. Con il 5G è in ballo il Nuclear C3 (Command, Control and Communication), non certo solo la nostra futura capacità di superare i Tir in curva, come annunciato in una intervista alla Stampa da quel buon uomo del responsabile innovazione Fca (sic)! Su quale altare preferiamo sacrificare ambiente e salute? Superare Tir in curva o facilitare il volo dei droni militari?

È folle per una squadra di D giocare in casa dei grandi, qui e adesso, senza un piano di medio termine e per di più svendendo i propri migliori asset (le reti infrastrutturali: non abbiamo imparato nulla da Autostrade?). I costi del 5G per popolazione e ambiente sono devastanti e per lo più ignoti. I benefici tutti per chi gioca nelle divisioni superiori. Per questo si sta formando un’ampia coalizione che, invocando il principio di precauzione, vuole una moratoria del 5G. Non siamo luddisti. Pretendiamo anzi un grande piano di investimenti pubblici per ricostruire le nostra capacità tecnologiche, portando il capitalismo italiano a guidare il campionato dell’ecologia e della sostenibilità, questione per noi più urgente dei sorpassi in curva.